Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
capitolo xiv. | 337 |
di passare per volubile, per ingrata e peggio, mi sentii costretta di conferirne con la signora Claudia, supplicandola, per quanto amore portava a Gesù, di porsi tramezzo, affinchè mi fosse restituita la figliuola. La signora aggrinzò il naso, ma si astenne da qualunque osservazione o rimprovero; solo mi pregava notare come questa parte a lei non convenisse, a me sì, perchè la madre afflitta se nel tumulto della passione ora vuole ed ora disvuole, merita pietà più che perdono; le mie parole tornerebbero più efficaci delle sue, perchè io dove con la persuasione non fossi arrivata, poteva aggiungere esortazioni e lacrime, mentre a lei questi partiti non avrebbero sovvenuto.
— Certamente, non istava alla signora Claudia sonare il cembalo in colombaia.
— Siccome mi parvero le avvertenze di cotesta signora ragionevoli, così senz’altro indugio mi avviai verso il palazzo della marchesa X. — Comecchè io avessi camminato in fretta, pure mi accorsi che la doveva essere stata celermente avvisata, però che appena le comparvi davanti mi mostrò fosco il sembiante: i modi suoi urbanissimi sempre.
— Zampa di gatto, che per meglio graffiare ritira gli ugnoli...
— Udita la mia istanza, la marchesa adagio adagio prese a dirmi come lo universale mi avrebbe lodata sempre per avere riposta la mia figliuola in