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322 il secolo che muore


Poichè ebbero mutati alquanti passi in silenzio, la contessa soffermatasi allo improvviso così favellò;

— Signora Isabella, io la prego a volere ravvisare nelle parole che sto per dirle, il sentimento della profonda stima che nutrisco per lei. Dalla tentata vendita dell’anello, che a lei deve esser caro per tanti motivi, desumo ch’ella si versi in qualche angustia di danaro: mi permetterebbe il favore di potergliene offrire? La scongiuro a non rifiutarlo.... non mi dica di no.... non glie lo voglio mica regalare, sa? Lo pigli in prestito, me lo restituirà più tardi.

— Signora.... grazie di cuore... ma io non posso creare un debito, quando non sono sicura di poterlo estinguere.

— Di ciò non si prenda punto pensiero...

— Signora contessa, questo non mi consente la mia natura... manchevole come mi sento di ogni titolo alla sua benevolenza...

— Creda a me, signora Isabella, replica la contessa, tirata fuori dei limiti che si era prefissi dalla inopinata resistenza della madre di Eponina, ella ne ha forse più di quelli che non si potrebbe immaginare.

— Mi professo grata profondamente alla sua squisita cortesia; ma tanto è, non giunge a vincere la repugnanza di accettare danaro, che davvero non so come rendere.

Allora la contessa esitò, si fece in volto di fiamma,