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capitolo xiii. 319


In questa venne a passare la carrozza del conte Anafesti dove si trovavano la contessa madre col figliuolo Ludovico. Avendo ambedue scorto il capannello della gente adunata intorno alla bottega dell’orafo, e questo con gesti concitati minacciare Isabella, si avvidero che la doveva essere incappata in qualche pelago, donde non carità o gentilezza, ma obbligo espresso correva loro di liberarla; e ciò la contessa propose subito al figlio, ma Ludovico con mirabile sussiego le disse:

— Signora madre, io giudicherei lesivo al mio decoro prendere parte a simili trivialità; molto più adesso che sono avvisato sua eccellenza il Ministro degli esteri avermi spedito il diploma di grande ufficiale della Corona d’Italia.

La contessa lo guardò di sbieco, ed altro non gli rispose:

— Tu hai ragione.

Ordinato quindi al cocchiere che fermasse, scese, e in un momento fu nella bottega dell’orafo, il quale vista una signorona uscire da una carrozzona le fece una sberrettata famosa, curvandosi innanzi a lei come una fetta di popone; ma ella, senza curarsi di coteste cerimonie, prese a rimproverarlo così:

— Ch’è questo, signor mio, e perchè e come vi attentate a straziare questa onorata gentildonna, mia pregiatissima amica?