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capitolo xiii. | 317 |
— Quanto a questo, io non posso negare, fui cuoco nel convento dei reverendi padri barnabiti.
— Va’ all’inferno donde prima sei venuto.
Ed Isabella lo scaraventò lontano da se. Il sopracciò, riaggiustandosi le vesti sgualcite, pauroso di perdere il guadagno, che ormai si faceva sicuro, umilmente favellava:
— Per avere dato a mangiare ai lupi, o che si diventa lupi? Si lasci servire.... e mi dirà se si sarà trovata contenta. Quanto alla signorina....
Natalizia, che da prima distratta non aveva posto mente al dialogo, adesso fattane accorta prese pel braccio Isabella e trattala a parte, le disse:
— Di che temi? Ormai ne ho viste tante, che nulla mi fa più specie, e quanto a violenza che mi volessero usare, vedi.... (e qui cavò fuori il pugnale che estrasse dal collo di Eponina) io saprei difendermi. — Lasciami qui; ci sto bene; e a separarmi da lei — e additò la bara — tu mi recheresti dolore.
— Orsù, disse allora Isabella, voi andate a fare l’ufficio promesso. Natalizia rimane a custodire la mia figliuola.
— Eccovi qui un diamante di molto valore, e a me carissimo; fortuna vuole che io lo abbia a vendere; mi hanno detto che siete un galantuomo e