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capitolo xiii. 311


alcuni uomini a cui ordinava trasportassero il cadavere nella stanza mortuaria, così come stava sopra la scala, coprendolo con uno straccio qualunque. Appena egli ebbe profferite queste parole che una larva uscita di sotto terra, mostrando la faccia più bianca del marmo, stridè:

— Nessuno la tocchi... è mia.

— Chi è vostra? riprese l’assessore, il quale senza volerlo sentì corrersi freddo nelle ossa.

— Questa morta.

— E voi chi siete?

— Io? Sono sua madre.

— Madre.... e che volete?

— La voglio accompagnare, la voglio vegliare, la voglio....

— Va tutto bene; ma, donna mia, ora capite che non si può tenere sul palco scenico; quindi occorre farla trasferire nella stanza mortuaria.

— Sopra la scala? Coperta da uno straccio purchessia?

L’assessore mortificato, si affrettò a rispondere:

— Oh! no: qualcheduno vada all’ospedale per un cataletto; ci riporrete dentro la morta e la por-i terete alla stanza mortuaria; se questa donna insisterà a vegliarla, non glielo vieterete; allora lasciatele una lanterna e serratecela dentro.

Ciò detto, premuroso di mettere fine a cotesta scena disgustevole, se la svignò.