Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
310 | il secolo che muore |
dell’angoscia non sono quelle che accompagnano il carro alla fantasia. Noi tutti conosciamo un canto dove le parole occorrono sublimi ed i nunieri divini; inginocchiamoci intorno alla defunta, e con le labbra, e più col cuore, cantiamo la preghiera del Moisè: io vi dico in verità che ne esulteranno quanti sono beati in paradiso, e con essi questa cara infelice, la quale così acerbamente si è partita da noi.
— Sì, facciamo a questa maniera; Dio ha parlato per la bocca della fanciallina.
Intuonarono la preghiera: Dal tuo stellato soglio, e con tale una effusione di tenerezza che terminò col pianto universale: pianto senza mistura di amaro, pianto che ricava la sua scaturigine da più alta fonte che non è il cuore umano, e che consola tanto quello che lo versa, quanto quello per cui è versato.
Ma pianto e riso, e affanno e gioia si dileguano nel mondo a modo che fa l’eco. I cantori mano a mano lasciarono il teatro; sul palco scenico rimasero una candela di sego, che mandava tanta luce quanta bastava a rendere le tenebre visibili, una guardia di pubblica sicurezza intesa a passeggiare, a masticare tabacco ed a schizzare la saliva più lontano che poteva, la morta sempre stesa sulla scala, e l’orfana di nuovo genuflessa ai piedi della defunta per pregare.
Indi a breve comparve l’assessore di polizia con