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capitolo xiii. 307

CAPITOLO XIII. 307

rendo nostro impresario quando non ha quattrini per pagarci il quartale, questa egregia donna è morta; ma ella è morta da eroe artista sullo intavolato del teatro, come l’eroe guerriero muore sul campo di battaglia; questi spira l’anima in mezzo al fracasso dei moschetti e dei cannoni; ella in mezzo all’armonia dei violini, dei violoncelli e di tutti gl’istrumenti dell’orchestra; l’uno si avvolge nel cadere nel mantello della sua gloria, l’altra si avviluppò nel manto della Straniera. A noi spetta ornarla di fiori, a noi inghirlandarla di lauri, che troppo bene si meritò, a noi sermonarla con la orazione funebre, a noi inalzarle un monumento, certo modesto, perchè sarà di pane convertito in marmo: i poveri, si sa, di altro non sono ricchi che di cuore, e di appetito. Intanto, per cominciare, ognuno di voi canterà un a solo1 sopra il suo corpo, o inventandolo di pianta, ovvero ripetendone alcuni di quelli che ha tenuto a mente: quello che viene viene; a sfogo del cuore; adesso copritela di fiori, coronatela di alloro, che io incomincerò:

L'angioletta che canta da soprana
Del Padre Eterno fra i beati cori,
La scorsa settimana
Chiappò una sbardellata infreddatura.

Su voi altri, che state lì a gingillare: ripetete in

  1. Monodia.