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capitolo xiii. | 305 |
— In Roma, prima della seconda guerra punica parlarono i bovi.
— E in Italia i deputati; dunque perchè non può parlare un impresario.
— Signori! Signori! ripete lo imperturbabile impresario, mi reco a debito notiziare il rispettabile pubblico, come alla nostra simpatica prima donna sia sopraggiunto un caso... un caso il quale, secondo i casi, potrebbe... sicuro... potrebbe riuscirle funesto... la simpatica prima donna è desolata, ed io con lei, non potere appagare i vostri desiderii più che legittimi: essendo pertanto rimasto mozzo lo spettacolo, io, salva sempre l’approvazione del rispettabile pubblico, proporrei completarlo col secondo atto del Don Bucefalo.
— Sì, sì. Don Bucefalo, tanto per annacquare la malinconia... Don Bucefalo... Don Bucefalo, e qui battute di mani e picchi da sfondare il soffitto.
Quando si fu alcun poco quieto l’osceno strepito, una voce di dolore, scesa dall’alto, investi tutta la sala e domandò:
— Ma finalmente che accadde alla prima donna?
A cui una voce non meno lugubre rispose da basso.
— È morta.
Un silenzio spaventevole subentrò allo schiamazzo: il teatro parve diventato un camposanto: ognuno sentì agghiacciarsi il cuore: prima a le-