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capitolo xiii. 303


Non è l’amore solo a regnare sopra le donne; se ne divide lo impero con la curiosità.

In platea la gente sembra presa da febbre infiammatoria per la smania di sapere come la cosa stia: ci fa chi saltò in piedi sopra la panca, e dalla panca sopra la spalliera, tentando sostenercisi in bilico, ma di un tratto perduto l’equilibrio ruina addosso ai seduti davanti, con istrazio di cappelli e contorsioni di colli; gli offesi si drizzano su come aspidi e barattano le percosse con una manomessa nuova di pugni, punzoni, sergozzoni e susorni, che in men che non dico mi ridussero quel povero diavolo a tale da parere un ecce homo; un altro gravaccione, mentre affrettandosi per levarsi su cerca un punto di appoggio, gli accade di posare la mano spanta sul cocuzzolo di un cappello, il quale calca di punto in bianco giù fino al mento al suo possessore, che, riuscito dopo molta fatica a tirarselo su dal viso, rosso di collera bestemmia da disgradarne un turco. Il vicino flemmatico, autore del danno, con voce soave gli dice: Scusi! io non l’ho fatto a posta; — e l’altro quasi fuori di se con labbra tremanti: Ringrazia Dio che il codice penale non si occupa di ingozzature, che altrimenti ti manderei diritto in galera come un cero pasquale.

Costui era uno dei vecchi procuratori del re presso il tribunale correzionale di Milano, adesso posto da parte come una manetta arrugginita: