Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
294 | il secolo che muore |
bellezza e di gloria: copiosa di tutti i beni che sono dai mortali maggiormente invidiati, voleva rientrare in casa sua come uno imperatore trionfante in Campidoglio, ed ora ella si considerava ridotta quasi al verde d’ogni cosa. Seppe la sua famiglia stiantata dalla sventura, ed ella repugnò con la sua presenza crescerle il fascio dei dolori; colà si piangeva per troppi e pur troppo; le parve debito non partecipare a cotesto lacrime, bensì sollevarle, e questo giudicò potersi eseguire da lei molto meglio rimanendo sconosciuta e fuori di casa: temeva eziandio i rimproveri come colei che sentiva averne piuttosto a farne che a riceverne, ma dall’uno e dall’altro lato, ella rifuggiva del pari: — ne forse questo solo da lei si mulinava nella mente, ma io non lo so e lascio ricercarlo a chi legge.
Pertanto ella andò a Torino, dove datasi segretamente a conoscere a certi suoi fìdatissimi amici, quelli pregò a procurarle a patti vantaggiosi un teatro dove cantare. Iniziate le pratiche lo impresario la udì e gli piacque; fa stipulato il contratto e stabilito il compenso; certo per arrivare a quello russo, ci era che ire, ma anche in Italia un cantante si paga più di dieci Galilei. Eponina sarebbe andata in iscena con la Straniera: quindi ella senza perdita di tempo si mise a studiare cotesta partitura con l’ansietà del marinaio che, sopraggiunto