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capitolo xiii. | 289 |
trovassi a possedere un cuore svizzero, io non lo baratterei con la più grande piramide d’Egitto.
— O lasci in pace i cuori degli svizzeri e le piramidi di Egitto, e ci dica un po’ come andarono a finire i servi assassini, salta su a dire la critica bacchettona, e minaccia di non lasciarmi ire innanzi, se prima non la contento.
— Ma abbia pazienza, questo ella saprà a suo luogo e tempo; dovrebbe pur capire che la sua continua intromissione mi rompe i concetti e mi arruffa ogni disegno.
— Ringrazi Dio che mi basti la pazienza di starle al fianco, che senza di me, nelle sue diavolerie, non si troverebbe un briciolo di buona morale, neanco a cercarlo coi lanternoni degli svizzeri da lei poc’anzi descritti; ci dica subito come la giustizia umana arrivasse gli assassini; e in ogni caso la giustizia divina, che non può mai fallire.
— Senta. La giustizia umana non li agguantò: i ribaldi scivolarono fra Stato e Stato senza dare sospetto: anzi alle polizie dei vari paesi riuscì tanto più difficile rinvenirli, quanto meno essi posero cura a farsi cercare: in pellicceria ci vanno più pelli di volpe che di asino: se vuoi gabbare la diplomazia, che campa sulle trappole, usa ingenuità: e se desideri sgusciare dalle mani delle po-