dieci e poi sempre, tanto le piacque per la sua gentile leggiadria, e più per la facilità con la quale apprendeva ogni atto di educazione donnesca: leggere e scrivere già sapeva di avanzo: in breve conobbe la musica; imparò a suonare il violino; sempre linda, nelle vesti attillata; e sempre gioconda e festosa; insomma una cara creatura. La sua storia breve e poco svariata, tutta un affanno: si chiamava Natalizia perchè i suoi genitori, e certo la mamma, la notte di Ceppo la espose novellamente nata sul lastrico di Milano, forse per regalo del Natale che le mamme costumano co’ figliuoli; una donna vedova, senza figli e povera, la rinvenne, la prese e la tirò innanzi alla meglio: giunta ad otto anni, la vecchia essendo assicurata che ella aveva voce soave, le permise andare pei caffè a guadagnarsi la vita, dove la udivano molto volentieri, ma ne cavava poco costrutto; quando un suonatore vecchio le propose di andarsene con lui per le Asie e per le Americhe fino a Madrid; ed ella che era vaga di girare pel mondo, disse: «Magari!» E tenutone proposito con la vecchia, questa glielo assentì a patto che tornasse presto, A questo modo camminarono attorno per terre e per villaggi; egli suonando da svegliare i morti prima del giudizio finale; ella medicando col canto gli squarci ch’ei faceva negli orecchi altrui e guadagnando i quattrini, ed egli pigliandoseli e facendole le male spese; e fin lì pazienza! Ma un