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capitolo xiii. 271


gozio, fece in un di le sue vendette della ingiuria patita allorchè ebbe a pagare un terzo solo meno le gioie del monile donato dalla imperatrice ad Eponina.

Però giova procedere giusti con tutti; quando l’ebreo compra a taccio, se non si contenta neppure avere la roba a mezza gamba, quasi lo scuso, imperciocchè vecchio, io osservai nella sua bottega oggetti che ci vidi da giovane: limbi di rigattiere privi di speranza di redenzione.

Yanni si raccomandava a mani giunte e poneva ogni sua diligenza ad osservare il mistero; perchè se il principe avesse preso fumo della cosa, guai a tutti, massime a lui. Se alla signora talentasse conoscere di che il principe fosse capace nel male, lo argomentasse dal modo col quale egli talvolta praticava il bene: trovandosi governatore in Tartaria, preso dal santo desiderio di guadagnare anime al Signore, propose a certa tribù di tartari ridursi alla fede di Cristo, e poichè costoro tentennavano, ei li fece pigliare dai suoi dragoni, spogliare, legnare, e così ignudi e bastonati scaraventare nel fiume Tehoulima; il prete intanto recitava la formola del sacramento del battesimo, e così uscirono dalle acque battendo i denti e cristiani. Il principe raggiante di giubilo si fregava le mani, esclamando: «Non ci è verso, bisogna mandarli in paradiso coi dragoni!» Difatti ce ne mandò parecchi, ma oltre