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capitolo xii. 249


le sue perle di contessa co’ satelliti di Giove scoperti dal Galilei, nè la sua corona per la ghirlanda che ornò le tempie del Petrarca. Che posso io dirle contro questo sentimento oggimai parte del suo sangue, del suo cuore e del suo intelletto? Parole inani e talvolta, non senza ragione, attribuite ad astio plebeo. Non ci è dubbio, a pensarci su dobbiamo confessare che la maggiore offesa alla nobiltà gliel’ha fatta la monarchia, che, diventata mercantessa, ha riposto nel suo magazzino tagli di nobilea, come pezze di panno frustagno: i titoli si vendono a braccia; a vestire un furfante di barone bastano sei braccia, per un conte dodici, quindici pei marchesi, pei duchi venti. Se vi ha differenza fra la vendita della pannina e quella della nobilea, ella è questa una, che nella prima tu puoi accapigliarti con Abram giudeo per risparmiare sul prezzo, mentre nella seconda il prezzo è fìsso. Ma tutto ciò non crolla i convincimenti di voialtri signori che, di natura di Mida, proprio nella vostra coscienza credete tutto quello il quale da voi si tocca diventi oro. Troppo spesso che non era da aspettarci, i nobili, almeno i moderni, si sono rivoltolati nelle sozzure plebee per pescar danaro; e se voi li aveste avvertiti della turpe sosta che facevano nel fango, vi avrebbero risposto: Dio ce ne guardi! Noi passiamo su questo meticcio in punta di piedi, onde giungere senza zacchere al