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capitolo xii. 243


— Figlia mia, rammentatevi che Napoleone poteva dirlo, impercioccliè cotesti documenti a lui solo appartenessero, ma il passaporto spetta soltanto a voi? Per una metà non ci ha diritto Ludovico?

— Non ci aveva pensato. Ella ha ragione; ma l’altra metà io posso dire mia?

— Sicuramente.

— Ebbene, signora, vorrebbe essermi cortese di rendermi il foglio?

La contessa glielo porse; allora Eponina, sorridendo, lo mise in due pezzi, uno dei quali gittò sul fuoco, e l’altro rese alla contessa dicendo:

— Io lo consegno a lei, mia signora, affinchè si compiaccia conservarlo pel conte suo figliuolo.

La contessa pei detti e pei fatti della giovane donna era rimasta a bocca aperta come persona trasecolata; in questa si apre l’ascio del salotto e prorompe dentro Ludovico, il quale a braccia aperte corre verso la madre, che lo aspetta a braccia aperte; gli amplessi della madre apparivano, sto per dire, feroci, smaniosi i baci; pianti, singhiozzi, strida e risa tutto un miscuglio; la nobil donna non rifiniva esclamare:

— sangue mio, o figlio mio, sostegno della mia vecchiezza, speranza unica di casa mia, e così di seguito il mio nei suoi discorsi si udiva modulato in tutti i tuoni, - ci pigliava troppi più colori che non ha l’arco-baleno. Cotesta stemperata dime-