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tendere che si reputerebbe sommamente onorato di unire la propria alla voce di lei; e da cotesta sera Eponina si risolvè di presentarsi sul teatro. Nel presagio di levare via di un tratto, o almeno in brevissimo tempo, i debiti di Ludovico, ella raggiava di contentezza, sicchè tornando a casa ella non si potè tenere da fargli motto di cotesto suo proponimento; ma con sua non piccola maraviglia ella lo trovò renitente; sicchè dopo un batostare da una parte e dall’altra, egli alla ricisa le disse: avrebbe desiderato che ella rimanesse lontana dalle scene, ma poichè ci voleva andare ad ogni modo, nè egli la poteva impedire, egli intendeva che lo facesse con tutto altro nome che col suo.

— Perchè, egli aggiungeva, vedi, non te ne avere a male, ma, capisci, la contessa mia madre e tutta la mia nobile casata non vorrei che un giorno mi movessero rimprovero di non avere conservato nel suo pieno decoro il nostro nome.

— Ah! Dio volesse che il tuo nome non fosse caduto in peggiori mani delle mie. Queste parole scoppiarono ratte come fulmine dalle labbra di Eponina, e quando le volle ritenere era fuori di sua balia poterlo fare; però si affrettava aggiungere: — Nondimeno, andando sul teatro, procurerò non valermi del tuo nome.

Essendo ricorsa Eponina al patrocinio del suo amico principe Platow, per riuscire più agevol-