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capitolo xii. | 203 |
peratrice non lo sofferse, ma postele le mani sopra le spalle, si trattenne alquanto a contemplarla; poi la baciò in fronte e le disse:
— Benedetta tu sia fra le donne del tuo paese e del nostro.
Ed Eponina in ischietta favella russa le rispose:
— Benedetta sii tu, madre di popoli e gloria di prosapia di eroi.
La imperatrice nel sentire lo idioma russo sulle labbra di Eponina rimase estatica: se la Corte russa non andasse illustre per esempio perenne di castità, e se Eponina non fosse stata femmina, quasi quasi ci era da temere che l’avrebbe inalzata di punto in bianco all’alto ufficio di favorito.
Veramente dai tempi nei quali Atea re degli Sciti, udendo sonare il flauto a Ismenia, disse: «per me gli preferisco il nitrire del mio cavallo,» a quelli di adesso, pei russi gran tratto ci corre. I francesi un giorno dispensatori del biasimo e della lode dissero per gbiribizzo: stropiccia un russo e ci troverai sotto un cosacco, ed il frizzo durò finchè il mondo si accorse i francesi giudicare ordinariamente come Minos, con la coda. Noi, meno presuntuosi e più giusti, diciamo che i russi non possiedono per ora quei supremi intelletti che soglionsi chiamare Genii: però il Brulow nella pittura e il Pouskine nella poesia ai tempi nostri furono giudicati eccelienti; e il primo sopra il secondo assai, e così