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capitolo xii. | 199 |
— Ma il vincitore è un cavaliere; certo barone Kircher, ebreo.
— Buono, per Dio! Gli è un truffatore di cartello. Parta pure il signor conte senza scrupolo di coscienza.
— No signore; ciò non permette al signor conte la sua illibatezza: voglia, caro signore, essermi cortese di vedere il signor Kircher e dirgli che il conte non si parte da Vienna come i suoi antenati di Egitto, sebbene il paragone non sia per lo appunto preciso. Sia discreto, e non passeranno mesi che riceverà per mezzo suo i mille fiorini, se pure gli basterà il cuore di pigliarli.
L’onesto Hans, liberato dalla minaccia di un imprestito, rispose:
— Eh! il cuore gli basterebbe per pigliarne anco centomila: viva tranquilla, che lo persuaderò ad aspettare senza aprir bocca... Poi, come se dicesse a sè, continuava: che brava gente son questi italiani! Per me l’ho sempre detto! quando se ne incontra uno, ci sentiamo ricreare come dal primo fiato di primavera. Peccato che non ci vogliano lasciare possedere in pace la Lombardia e la Venezia! Peccato che li dobbiamo persuadere a legnate sul capo! Allo italiano per essere paragonato al pane non gli manca altro che lasciarsi fare come lui a morsi senza dire nulla.