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198 il secolo che muore


— Tu non mi dici il vero, Ludovico; perchè ti periti ad aprirti meco? Non sono e sarò sempre la tua migliore amica nel mondo?

— Ma a te che preme se io mi abbia o no debiti?

— Poichè tu mi presti il tuo nome, finche lo porto mi preme che sia onorato; e la tua fama è la mia; quando te lo renderò, ne farai quello che vuoi: per ora no.

E questa fu una nuova trafitta al cuore di Ludovico, che confuso e umiliato ebbe a confessare che lasciava un debito di giuoco di mille fiorini con tale che per giudizio universale lo aveva giuntato, avendo reputazione di baro emerito.

— Questa era buona ragione per non giuocarci, ma non pagarlo è pessima: mi duole che in simile congiuntura non possiamo sprovvederci di danaro: aspetta un momento che vedrò di provvedere anco a questo imbarazzo. Il tuo creditore come si chiama?

Ludovico glielo disse, ed ella condottasi a trovare l’onesto Hans locandiere, lo chiamò a parte e sì gli disse:

— Mio buon signore, il conte, costretto a partire su due piedi, lascia dietro di sè un debito di giuoco.

L’onesto locandiere, presentendo una domanda d’imprestito, levò le spalle mormorando:

— Oh! di questi debiti veruno si dà pensiero; quando se ne ha, si pagano.