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capitolo xii. | 187 |
dire la cagione della fuga di Ludovico da Milano e la ripugnanza di lui a condurla per moglie. Certo giorno, entrata nella camera di Ludovico, mentre questi si trovava assente, vide Gaspero intento a mettere in sesto gli abiti del padrone: costui nello spazzolarli ne aveva lasciato cadere una lettera, la quale, senza che ei se ne accorgesse, erasi ficcata sotto il divano; ond’ella con bel garbo mandò per certa sua faccenda Gaspero fuori di casa, e raccolta la lettera lesse:
«Amato figlio,
Milano, ecc.
«Mi si spezza il cuore pensando che non ti posso scrivere altro che notizie desolate. L’ebreo Zinfi non intende rendere indietro i biglietti falsi che tu gli desti in pagamento della cambiale scaduta, se non a patto che tu gli assicuri il buon fine delle altre che verranno a scadenza. Dio mio! O come mai hai potuto creare tanti debiti? Capisco bene che tu, povero figliuolo, dei cento che ti obbligasti a rendere, forse hai ricevuto cinquanta; ma costui tiene il coltello pel manico: per cagione di cotesti sciagurati biglietti ci tocca lasciarci sgozzare senza gemere un ohi!
«Per tranquillarlo gli ho offerto tutto quanto mi resta; ne il saperti così ignudo di ogni ben di Dio è quello che più mi angustia; non mi dà