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capitolo xi. | 175 |
tuoi soldati convertirono le barbute di ferro in pentole per farci bollire la minestra1. La tua ignavia ha troncato le braccia alla Prussia ed a me: sogni partoriti da indigestione di pan vecciato pretendere il confino allo Isonzo, e l’Istria di giunta; ed anco quello tra lo Stelvio e Feltre. Tienti Venezia per caval donato, e non guardargli in bocca.»
Ma il Governo, che se improntitudine valesse la impatterebbe con Achille, non si sgomenta per repulsa, e insiste per ottenere il Trentino fino al Lavisco, che nel 1848 aveva proposto lord Palmerston per metter pace fra l’Austria e l’Italia.
Mentr’egli va così birboneggiando, Francia e Prussia pigliano in uggia il biante fastidioso; l’Austria, rappattumata alla meglio con la Prussia, rimanda due corpi di esercito in Italia donde gli aveva distratti prima per coprire Vienna; intorno allo Isonzo raccoglie forze novelle; di tiranni e di schiavi generatrice inesausta Vienna! Nelle fortezze del quadrilatero cresce i presidi; a Riva i cannoni gettati nel lago ripescansi: le teste all’Idra rinascono: per mille indizi si fa manifesto come l’Austria, sopportando molestamente la perdita di Venezia, vada cercando col fuscellino la occasione per gettare all’aria il convegno fermato.
- ↑ Relazione degli Oratori veneti. Relazione dei tempi di Emanuele Filiberto.