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di Tantalo; ci sfuggì sul punto di afferrarlo; la favola della mitologia, per mercè del reggimento monarchico, diventò per l’Italia verità storica.

Pur troppo tutte le fantasie dei mitologhi per noi diventarono dolorose realtà; ecco il La Marmora mostra ai nostri soldati la Monarchia, come Perseo al mostro marino il teschio di Medusa, e li impietrisce; costui da prima comandò si fermassero per otto giorni in virtù di armistizio; poi lo prorogò altri otto giorni, finalmente per uno.

Intanto con ogni maniera di viltà furbesca, come con ogni balorda mascagneria i nostri governanti si assottigliavano il cavicchio sul ginocchio per buscare un’altra toppa da cucirsi al manto di paltoniere, onde procede magnifico questo regno di Italia.

Napoleone, che si era fatto donare la Venezia da Francesco Giuseppe imperatore d’Austria, si profferse gittarla in bocca alla monarchia, non perchè ella smettesse il latrato (che a tanto non le basta la voce) bensì il cagnolìo, e perchè costei perfidiava per avere un altro catollo, il franco sire levata la frusta con mal piglio disse:

— «Contentati, pitocca, e cessa importunare la gente: ringrazia Dio, se ti butto la Venezia, e chetati. Questa è la prima volta che per guadagnare bisognò perdere; nè tu avresti saputo vincere in altra maniera, perchè non è la prima volta che i