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capitolo xi. 153


rondine. Basta, non fa caso; sono il sergente maestro di arme del nono reggimento; mi chiamo Filippo; difficile rinvenire adesso il mio reggimento, però mi unisco con chi trovo; insieme con questo giovane mio alunno entrerò nella compagnia volante comandata dal nostro tenente Fandibuoni.

— Come vi piace. Voi, Curio, fate cuore, che fra poco otterrete quello che gli animosi talora stanno mesi ad aspettare, — il vostro battesimo di fuoco; —. quanto a me, soggiunse tristo, l’ho ricevuto da molto tempo: adesso non mi avanza altro che la estrema unzione del ferro.

Deus avertat amen! come dice padre maestro Berretta, soggiunse Curio; ma io so che spesso alla guerra questi sacramenti ci caschino addosso tutti di un picchio,... lo so, e non me ne sgomento.

— Ma vedete un po’ che gusti fradici, intervenne a favellare il tenente; non ci è quanto il pensare alla morte, che ce la chiami sul capo alla lontana: portando l’ale, ella è di natura di uccello ed obbedisce al fischio.

— Oh! per me poi, se mi e lecito dire la mia, prese a parlare Filippo, più penso alla morte e più mi ci accomodo: andare a morire io l’ho come andare a dormire.

— Sicuro, conchiuse il Chiassi, tutte le strade menano al camposanto: quello che preme, sta nello adempimento del proprio dovere; or via, andatevene