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capitolo x. | 17 |
splendore, e a se non lo crebbe: se io dicessi che ella ci volle bene come il fumo agli occhi, non direi mezzo del vero; però il nostro aiuto accettato e ad un punto aborrito; le vittorie della Italia meridionale astiate e temute, quantunque i frutti di quelle non con due, con quattro mani agguantati; le armi volontarie per sospetto congiunte alle stanziali e a disegno avvilite: le nuove imprese attraversate, comecchè conoscesse i promotori di quelle non ribelli a lei nel concetto, ne nel modo; al contrario avessero sempre depositato gli acquisti fatti nelle mani della monarchia, con l’amore col quale l’uccello porta al nido il cibo ai suoi nati.
Tali e tanti e così manifesti gli smacchi contro i volontari, che taluno ebbe a pensare, nè lo pensò solo, ma lo disse, che venissero mandati in campo per levarli dalle città onde non le mettessero a rumore, e le cimentassero in fortune pericolose pel principato: insomma fra la monarchia e la democrazia rinnovata la storia antica di Euristeo e di Ercole.
I posteri stupiranno della inaudita costanza della democrazia a promuovere la monarchia, nonostante gli strazi, le prigionie, le ferite e le morti; più della costanza maraviglieranno della fede per virtù della quale, in onta alle ingiurie atrocissime, persistesse nel suo proposito: forse non le capiranno neppure, però che nati liberi, essi non potranno