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capitolo xi. | 137 |
qualche compagno, lo trainasse fuori della svolta allo aperto, proprio nel mezzo della strada che mena diritta ad Ampola, dove gli dava fuoco, e subito dopo lo respingeva dietro il canto per ricominciare da capo.
Allo improvviso Curio ode chiamarsi a nome, e, posta mente, mira un ufficiale corrergli incontro a braccia quadre, che giuntogli dappresso lo abbraccia, lo bacia e co’ più dolci appellativi lo careggia:
— O Curio, che miracolo che tu sii qua?
— Miracolo è che ti ci trovi tu, non io.
— E pure ci sono prima di te, e d’ora in poi dobbiamo stare sempre insieme.
— Sarà più facile desiderarlo che poterlo, avendo assunto l’obbligo di condurmi dal colonnello Chiassi, amico grande del padre mio.
— Tu hai ora, come sempre, un santo dalla tua, dacchè per lo appunto io appartenga ad una compagnia del reggimento del Chiassi.
Il lettore avrà di certo notato come Curio non si sia messo in quattro per far festa al tenente Fandibuoni, e ne aveva le sue buone ragioni: innanzi tratto le sue spalle calavano giù a sgrondo da parere un calvario; dinoccolato nella persona, le braccia fuori di misura lunghe, con certe mestole in fondo da legarsi le scarpe senza quasi chinarsi: costumava gli occhiali; se non fossero stati questi, nell’ultima cena del Signore egli