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130 | il secolo che muore |
— Soldati, cominciò a squittire il capitano dei capitani, l’Europa, anzi il mondo intero vi guarda. A voi spetta restaurare l’onore della milizia italiana manomesso dalle truppe stanziali, che male ordinate e condotte peggio, dal 48 in poi, altro non fanno che toccarne; ed è inutile negarlo! Le lodi a tanto il rigo, che sbraciano loro i giornali officiosi sono pannicelli caldi.... incenso ai morti. Vedete quei monti là? Li vedete? Ebbene, noi li sfonderemo, come nei circhi equestri miriamo un cavaliere sfondare con una capata quattro cerchi e sei coperti di carta straccia. Quando saremo giunti a Trento, se gli austriaci ci offriranno pace, io risponderò loro: non è tempo ancora. E se arrivati a Innspruk, a Salisburgo, a Gratz, a Buda, si attentassero di nuovo a proporcela, interprete degli animi vostri, io la ricuserò daccapo dicendo: non è tempo ancora; gli è a Vienna; proprio nel palazzo imperiale di Schoenbrunn, che io detterò la pace; A voi, che manca per conquistare un tanto scopo? Nulla. In voi costanza, in voi slancio nello assalire ed a piombo per resistere; non fame, non sete, non geli vi abbattono, nè difetto di ambulanze, di vesti, di calzature. Quando i cannoni tonano, i moschetti fischiano, le racchette stridono, a voi pare che incominci la orchestra, ed a quei suoni menate i vostri balli. — Ma ora che io ci penso su, onorevoli signori, devo confessare che quando affermai che nulla vi manca