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capitolo xi. | 127 |
impossibile che il colpo avesse a riuscire per lo appunto come il maggiore voleva.
«Il caporale non pronunzia verbo; si china sul pezzo, lo muove nella direzione indicatagli ed ordina all’artigliere di far fuoco. Lo credereste? La palla andò a battere sul muro di destra della chiesa: per altro non si vedeva uscire nessuno. «Ebbene, disse il maggiore, piantatene un’altra a sinistra, e se vi riesce a cogliere vi prometto la medaglia.»
«Vidi un sorriso di contentezza lampeggiare sul viso abbronzato del caporale; si chinò un’altra volta e studiò più lungamente la mira standosene immobile come il suo cannone. A un tratto si tira indietro e grida all’artigliere: fuoco! e la botta va via. Un applauso fragoroso scoppiò nelle file, ma gli austriaci non si vedevano venir fuori. Allora il caporale si appressa al maggiore, mette la destra al kepi e gli dice: «Signor maggiore, vuole permettere che io faccia un tiro a volontà?» — Ve lo permetto, rispose il maggiore; vediamo se vi riesce a snidarli.» Allora il caporale infila colle sue mani una granata nel cannone, ripiglia per la terza volta la mira e lascia andare la carica.
«L’effetto fu miracoloso. Il tetto della chiesa venne sollevato in aria come il coperchio di una scatola, e intanto che un grido di approvazione echeggiava fra i volontari, il caporale sorridendo accennava colla mano che si guardasse la chiesa.