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capitolo xi. 109


in punta, da formare due corni; ma, siccome tra corni e corni ci corre e voi me lo potreste insegnare, dichiaro accennare a quelli che arieggiano al primo quarto della luna; or bene, sopra cotesti due corni è gettato il ponte del Diavolo; giù traverso lo spacco l’Adda brontola crucciuso a cagione della piccola uscita che gli concedono le rupi laterali, onde egli si arruffa, e nel suo furore rotola acque rovinose e nevi e macigni per allargarla, e come succede a cui fa le cose per rovello, invece di allargarla la stringe. Già a voi altri non premerà niente sapere la cagione perchè cotesto ponte si chiami del Diavolo, e me ne rincresce perchè davvero la è una bellissima storia.

— E chi vi ha detto che noi non la vogliamo sentire? All’opposto contatela, contatela, che Dio vi mandi la buona pasqua e le buone feste.

— Come così è, porgetemi da bagnare la parola e vengo da voi. — Bevve un tratto, e continuò: — Il ponte è di legno; colui che primo immaginò fabbricarlo fu uno innamorato, il quale bruciava dalla smania di portarsi ogni giorno a mattinare la sua amante a Malga, dall’altro lato del fiume; ammannì le travi, i puntelli per di sotto, le staffe, ogni cosa per bene, ma a metterle traverso alle due cime era il busillis; più ci pensava e meno ci ve leva il verso; si votò ad uno ad uno ai santi, ma non intesero; allora implorava il diavolo, il quale, come ci conta