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12 | il secolo che muore |
la testa, ed io la chino; solo ricordo che noi avevamo buono in mano per non ci fidare del principe domestico.
Quanto patimmo altri racconterà: intanto il mondo conosce che l’ardua lampada per alimentare la fiamma della libertà chiedeva sangue non olio, e sangue fu dato. E tuttavia non fu questo il più grave dei sagrifizi; l’amore, o piuttosto il furore della libertà impose che ogni altro affetto, che non fosse il suo, gli si immolasse in olocausto, e noi li strozzammo tutti come Ercole fanciullo i serpenti entrati dentro la sua culla. Pane nostro quotidiano lo scherno; bevanda le lacrime; e ciò nonostante ci consolavamo pensando che anche degli Apostoli di Cristo fu detto: — E’ sono pieni di vino dolce; — che le lacrime sono la migliore delle preghiere; e che quello che in terra si chiama martirio, gloria si appella in cielo.
Ecco l’ora in cui i lamenti diventano strepito di cascata e lo superano; ecco i sospiri si fanno uragano, che abbatte travi secolari e travolge per le terre d’Italia scettri e corone, come polvere dei campi; ecco sorgere un prete fra noi, il quale, o illuminato dall’ultimo raggio dello spirito di Dio, che lo abbandonava, ovvero intenebrito dalla prima ombra che gettava su lui lo spirito del male (e questo dicevano i preti) bandisce alle genti: voce di Dio la procella contro di cui argomento umano