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capitolo ii. | 77 |
cura nel celare il proprio stato ad Orazio: finchè potè aiutarsi salì le scale di casa; mancatale la balia, ella si diede ad inventare un monte di scuse per dormire al pian terreno: tuttavia per quanto le bastarono le forze contrastò al male, che, dovendo lasciare creature a lei tanto caramente dilette, le rincresceva proprio di morire; ma certa sera mentre Marcello accompagnava lo zio alle sue stanze, Betta, ponendogli la bocca sull’orecchio, ebbe a dirgli:
— Quando lo zio dorme, vieni giù a trovarmi, e fa’ che nessuno se ne accorga.
Allorchè Marcello le venne davanti, in brevi accenti Betta gli favellò:
— Figlio mio, io sto per partirmi da questo mondo, e dubito più presto che non vorrei; bisognerà pertanto risparmiare più che noi possiamo questo dolore allo zio: domani innanzi giorno fa’ di condurmi il dottore, e avverti che veruno di casa lo veda; tacine anco ad Isabella, se non chiedo troppo: quando avremo saputo quanti giorni potremo tirare avanti, allora qualche santo aiuterà.
E così fu fatto; il medico venne, il quale da prima si dolse non essere stato chiamato in tempo; e dopo, esaminata con ogni diligenza l’inferma, disse reciso: arduo determinare per lo appunto il momento nel quale il lume si spegnerebbe; forse fra tre, forse fra quattro dì, ma per suo giudizio alla fine della settimana non arriverebbe di certo.