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capitolo i. 67


vento, quando Socrate, dopo aver racquetato col cenno cotesto rumore, disse placidamente: «Quest’ uomo ha ragione; sortii da natura lo istinto del ladro, e me dominò per lungo tempo la passione del furto, la quale avendo spinto a furia di combattimento fuori dell’animo mio, tanto non seppi fare, che ella non abbia lasciato qualche traccia di se sopra la mia sembianza.»

Intanto tu, lettore, poni in sodo questo assioma: faccia bianca con occhi grigi e naso camuso, ordinariamente è faccia di ladro.

Nel punto stosso in cui Orazio terminava di susurrare lo parole: «io per me non glielo manderei» ecco levarsi dall’altra parte della sala uno strepito di voci gioconde, che in diversi tuoni gridavano:

— È fatta! È latta!

Lo voci moveviino da un gruppo composto di una donna e da cinque giovanetti, tre maschi e due femmine. La donna era Isabella, splendida di matura bellezza, la quale pendesse piuttosto alla seconda che alla prima metà dello autunno, lieta di casti pensieri e di santi affetti, disgradava ben mille primavere di più giovani donne: ella deliziavasi nella gloria della sua maternità, come il cigno gode sull’aurora bagnarsi le ali nella rugiada; lei circondavano i figli, formosissimi nella stessa guisa