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del palpito sopra le alette del naso a costui: la barba rigida e mozza, che ritta sempre in su più che ad altro rassomigliava ad una zeppa por ispaccare le legna: la bocca sdentata, che forse i denti non avevano potuto reggere alla fiumana corrosiva delle ribalderie del continuo irrompente dalla gola di Omobono: breve, onde io ponga fine a questa miniatura, cotesta era faccia che la molta virtù di Socrate valse a rendere tollerabile, e non potè nobilitare; faccia, che, a mio parere, fruttò più di un voto nella sentenza che condannò il povero filosofo a bere la cicuta; faccia, che prima di Socrate, ai tempi di Socrate e dopo lui fu giudicata sempre dagli intendenti faccia di ladro. Difatti narrasi dal dottore Zimerman1 cosa o ignota a tutti, o a pochi manifesta, come un giorno capitasse in Atene certo fisiomante, al quale, prima ch’egli avesse preso lingua in città, i discepoli di Socrate mostrarono il maestro, affinchè dai lineamenti del suo volto tirasse a indovinare la natura di lui; sicuri che egli avrebbe preso un granchio, ed essi una riprova della inanità della sua pretesa scienza. Il fìsiomante, considerata un cotal poco la faccia del filosofo, sentenziò reciso: «Questa è faccia di ladro

I discepoli di Socrate diedero in uno scoppio di risa; ma qual fu mai la maraviglia loro e lo spa-

  1. Maraviglie della natura.