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58 | il secolo che muore |
E tropico tempo non corse, ch’egli s’industriò con ogni maniera di astuzie riagguantare le gioie donate ad Isabella, la quale, tuttochè buona femmina fosse, pure era femmina, e però a pigliare generosa, a rendere parca, massime quando si trattava di gioie: la dote Omobono non pagò mai; l’aveva promessa e basta; il figlioccio gli passò per la mente con la frequenza con la quale gli ci veniva Attila re degli Unni; e quanto allo allogamento del genero Marcello, lo tolse appunto ai suoi modesti traffici, gli aperse la Banca, dove sul principio non fece penuriare capitali, che in breve rimasero assorbiti da un giro vorticoso di cambiali del suocero; e poi, il male pigliando vizio, incominciò a tempestare Marcello con uno uragano di tratte a vuoto, sicchè Orazio ne rimase spaventato per modo che, ristrettosi con Marcello, deliberarono insieme di cavarsi fuori da cotesto pelago, e lo fecero con infinita querimonia di Omobono, che liquidati i conti, essendo rimasto debitore, mise in campo un sacco di ganci, da. sgomentare ogni fedele cristiano, per non pagare il saldo, onde per la meno trista fu mestieri lasciare parecchi bioccoli di lana in cotesta siepe. Pertanto il civanzo che fece Marcello col suocero magnifico fu questo, perdita del suo antico avviamento e scapito di non poca moneta; e tuttavia Omobono non rifiniva di lamentarsi che quel suo genero gli costava un occhio.