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prolegomeni 47


travolti dai pessimi istituti. Dicono che le passioni umane rompono su la soglia del tribunale come onde in frangente; non è vero: i giudici ogni giorno mettono il capo alla finestra per ispecolare da cee lato il vento spiri. Tutte le passioni entrano in tribimale per la porta maestra, e ci ha chi spalanca loro le due imposte a un tratto, nè può fare a meno, imperciocchè i giudici non formino collegio a parte come di sacerdoti, consacrati unicamente al culto della giustizia; all’opposto si mescolino nelle lotte della vita politica; parteggino alla scoperta; nei Parlamenti contendano, come gli altri, e più degli altri, smanino pel trionfo dei propri interessi. Ora male si pretende dall’uomo qualità più che umana: sia caldo e freddo ad un punto, appassionato e tranquillo, e possa da un punto all’altro spogliare un abito morale per vestirne uno diverso. Tutti sanno come fosse ordinato in Atene che gli Efori giudicassero al buio, e ciò dopochè Iperide, in dubbio di salvare Frine incolpata di empietà, ricorse, quale supremo argomento, per commuovere gli Efori, a stracciarle i panni di dosso, mostrando la meravigliosa bellezza delle sue forme; ma molti ignorano l’ufficio del Filacto, magistrato presso i Cumei, il quale consisteva di tener per mano il re nelle adunanze notturne, finchè i senatori non avessero sentenziato al buio se da lui bene o male fosse stata amministrata la giustizia.