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44 | il secolo che muore |
come terra bisogna che si disfaccia; il suo divorzio da Cristo è irrevocabile: finche può, duri come si trova; ogni moto ne affretterà la fine, fosse pur quello di accostarsi un sorso di acqua alla bocca riarsa dall’agonia: ove si volga in fuga, ad ogni passo le cascherà un brandello. Strana coincidenza: Roma imperiale finì con Augustolo, Roma sacerdotale doveva cessare con Pio IX: però spettava al sacerdote comportarsi in modo da privare la vecchiezza del conforto, che non le negano i cuori più duri, la compassione.
L’uragano minacciava le istituzioni, che si vantano e si appellano giustizia: le leggi, cresciute peggio della gramigna, male concepite, pessimamente significate, ti presentano un laberinto, dove la ragione si smarrisce, e in mezzo a quello il giudice l’aspetta per divorarla: ho detto giudice non minotauro, perchè questo almeno, ci contano, fosse mézzo uomo e mezzo belva; mentre nel giudice talora tu cercheresti inutilmente l’uomo anco con la lanterna di Diogene. Troppo spesso vediamo il retto senso in mano al giudice prevaricatore e all’avvocato preso a nolo come la gallina fra i denti della volpe: dei curiali tenuti per eccellenti coloro che meglio riescono a convertire la ragione in torto e viceversa: fra tanta stortura di giudizio, fra così immane depravazione d’intelletto, la corruzione piglia nel garbuglio domicilio come in casa propria. Il