Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore I.djvu/65


prolegomeni 43


Eppure Roma avrebbe potuto la terza volta dominare il mondo. Quando Attila incedeva alla distruzione di lei, le immagini dei santi Pietro e Paolo, agitando spade di fiamma, lo respinsero indietro: questa fu favola, comecchè Raffaello l’abbia immortalata co’ suoi dipinti divini, ma sarebbe stata verità la terza dominazione di Roma sul mondo, se il Sommo Sacerdote avesse bandito ai popoli: «Le antiche dominazioni nacquero tutte dalla violenza o dalla frode: egli è mestieri che cessino tutte. La gente che mi fu tanto lungo tempo soggetta torni in libertà e si governi a suo arbitrio: riabbia i suoi consoli, e se le talenta restituisca il suo Senato ed i suoi tribuni: io qui starò norma di giustizia; dispensatore di lode o di biasimo ai meritevoli, che si convertiranno in premio, ovvero in pena in questo mondo ed in quell’altro.»

Simili parole non solo gli avrieno difeso la porta Pia meglio dei suoi zuavi, ma ei le avrebbe agevolmente potute convertire in leva da sovvertire qualunque trono fondato sopra la iniquità, per quanto apparisse potente.

Senochè Roma tirata in giuso dalle cupidità della terra non ebbe virtù di volgere gli occhi al cielo ed ispirarsi dall’alto: adhesit pavimento anima mea; l’anima di lei sta attaccata alla melma. Troppo ella trascorse nella via della perdizione per poter tornare in dietro. Roma diventò troppo terra, e