Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore I.djvu/55


prolegomeni 33


tare, che il popolo possiede comune coll’asino? E dice santamente.

Adesso parrebbe che la rivoluzione si fosse messa per una via senza dubbio strana, intendo accennare agli scioperi; dove questi si allargassero tanto da percotere l’odierno ordinamento di cose come rimediarci? Che pesci pigliare con proletari, i quali dicessero al capitale: «Noi moriremo di fame, ma tu con noi; cucinati il tuo danaro?» E’ la sarebbe la rivoluzione presagita a Filippo II dal suo giullare di Corte: «Se tutti quelli, egli diceva, che oggi accennano di sì di un tratto si mettessero al no, chi sarebbe il più buffone di noi?»

E dopo la distruzione, che mai verrà? Io già l’ho detto, questa è scienza di auguri: peggio di così non parrebbe, e la cessazione del presente ci sembra massima parte di bene. Taluni filosofi non hanno perfino insegnato, che il piacere in questo solo consista, nella cessazione del dolore? Il genio dei tempi porta la distruzione delle monarchie, costituzionali Q no; anzi le prime più aborrite, come quelle le quali o per necessità d’instituto, o per voglia di persone hanno introdotto nello umano consorzio maggior copia di corruttela. Difatti, vanno ripetendo gli agitatori, le monarchie in generale non contengono più causa di vivere: le più innocenti e sincere sorsero un dì dal bisogno di raccogliere le forzo della tribù sotto la guida di un guerriero per