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340 | il secolo che muore |
E questa gli rispose:
— Poichè tu non vuoi riporre la tua fiducia in me, mi adatterò.
— Ebbene datemi un’ora per pensarci su, che per me la è faccenda gravissima: per altri d’importanza suprema; ho bisogno di raccogliermi; lasciatemi solo.
Eponina e Curio si ritirarono; anzi per somma delicatezza uscirono entrambi; e così ella per la prima volta vide le strade di Vienna. Trascorse due ore e più, si ridussero da capo allo albergo, dove rinvennero Ludovico dolente in vista, ma pure risoluto, il quale disse:
— Sta bene: voleva non farlo, anzi mi era meco stesso obbligato a non farlo, ma Curio ha profferito una savia parola: la malignità della sorte ne può più di noi. Qui però siamo stranieri, non conosciamo persona in cui ci potessimo fidare: e per giunta io non conosco la lingua del paese.
— Dunque? — interrogò Curio a cui subito era saltata la mosca al naso.
— Danque — riprese umile Ludovico — ho pensato, che la persona più acconcia a ricevere ed a custodire il mio segreto sei tu, e tu il più atto ad ottenermi fiducia da Eponina.
— Io? — replicò Curio esitando, ma poi aggiunse: — Bene, sia: a quando?
— Subito.