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Pallade-Minerva, che agguanta pei capelli il pie-veloce Achille in procinto di avventarsi contro Agamennone, re dei re, dopo averlo salutato di cuore di cervo e di muso di cane?1 Così per lo appunto accadde a Curio che, sentendosi strappare i capelli dalla nuca, si voltò addietro e vide... che vide egli mai? Vide Eponina in carne ed ossa, la quale sapendo il fratel suo non nato da regio sangue non si permise adoperare i titoli dati dal figliuol di Peleo al divo Atride; bensì di bestia e di insensato il dabben Curio ne ebbe quanto ne volle....

— Ecco le solite fole da romanzieri! — esclama la signora Verdiana, penitente di don Formicola, curato di San Satiro. — O come la scapestrata Eponina èra piovuta là dentro? Chi ce l’aveva portata? — La non s’inquieti, signora Verdiana, e senta me. Veruno ci aveva portato Eponina, perchè ci si era condotta da sè ed ecco come: la povera giovane invece di recarsi a veglia dalla signora Claudia, toltasi seco quanta più moneta poteva ed in buon dato gioie, doni dei suoi parenti e di amici ammiratori della virtù di lei, si recò a casa di certa amica del cuore, o se ella vuole, d’ingegno scapestrato come il suo, e questa l’aiutò a travestirsi ad accertarle il viaggio ed a partire.

La medesima sera Eponina lasciò Milano col

  1. Iliade, c. I.