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326 | il secolo che muore |
venire nulla, come accade sempre quando la mente
si volta tutta ad un punto che non è il vero. Chi puà
ridire le ansie di cotesta notte? Chi lo spasimo dei
genitori? Chi le smanie di tutti? La mattina si radunarono
in casa Marcello: tampoco se si fossero
incontrati altrove si sarebbero riconosciuti, tanta
apparivano nelle sembianze mutati. Rovistata da
cima in fondo la camera di Eponina, non occorsero
in iscritto, ovvero in indizio altro qualunque, capace
di fornire lume: giunse la posta, e con la posta,
bontà di Dio! una lettera, la quale, sebbene sconfortante,
di fronte allo sgomento che li travagliava
parve sollievo.
La lettera di Eponina diceva così:
«Io corro sopra le traccie dello sposo che la mia anima si è eletto per istarmi con lui e partecipare le sue fortune. Per me lo stimo, anzi lo so innocente di qualunque colpa, che altri, o illuso o perfido, possa apporgli: e fosse anche reo, la parte della donna è quella di portare coraggiosamente la croce del marito. A Maria bastò l’anima per accompagnare Gesù al patibolo e per consolarne l’agonia: ora nel patire, tutte le donne hanno da sentirsi Marie: che, se ella era madre io sono sposa; e questo amore o supera quello o lo ragguaglia. Non porto invano il nome di Eponina. Ad ogni modo chi accusa e condanna deve provare