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capitolo ix. 319


— Perchè?

— Tanto ti basti, Eponina, e non costringermi ad affliggerti e ad affliggermi di più; a questo pensa che il padre piglia cura della felicità e della fama della sua figliuola per lo meno quanta ce ne può pigliare la figliuola stessa.

— E tu, padre, rammenta che io ho coscienza, che io ho volere, e. non posso commettere al giudizio altrui ciò che è sostanza dell’anima mia; riconosco in te l’autorità di chiarirmi e di consigliarmi, ma volere e pensare spettano a me.

— E pure bisogna che per questa volta sia così. La causa che mi fa dire venne confidata all’onore di tuo padre; pretenderesti tu che io mancassi al mio onore?

— Bisogna.... bisogna... — mormorava. Eponina.

E il padre di rincalzo: — E il suo celarsi e il fuggire dello sciagurato non ti dice nulla, figlia mia?

— Nulla, però che io sappia come noi altri cristiani adoriamo un innocente, che fu lacerato ed infamato con la morte degli schiavi.

— Eponina! — esclamò il padre, ed aperse le braccia: la figliuola vi si gettò dentro, ma non piansero, non aggiunsero parola. Tatto quello che potevano dirsi, si erano detto.

Da parecchi giorni Ludovico Anafesti si trova a Vienna sotto nome mentito. Senza amicizie, mal