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capitolo ix. | 315 |
essere dimenticata, ne s’ingannò, che scorso un
quarto d’ora appena, la cameriera discreta accostandole
le labbra all’orecchio ci susurrò:
— Gaspero l’aspetta di là, in sala, per consegnarle una lettera del padrone nelle sue proprie mani.
— Che novità son queste! Ditegli che venga qna.
— Gliel’ho già detto, e mi ha risposto avere ordine di parlare a lei sola.
Eponina ansando va a pigliare la lettera, sul punto di aprirla nota come Gaspero, dopo fatto un profondo inchino, accennasse a svignarsela, onde ella imperiosamente gli comandò: — Non vi movete.
E Gaspero di cui il mestiere era obbedire si fermò, perchè tra l’ordine del padrone un po’ stantio, e quello della Eponina fresco fresco nella cronologia della obbedienza, prevaleva l’ultimo. Eponina con una ondata di virtù visiva lesse di un tratto:
«Amor mio!
«Che io ti ami non importa dirtelo; che tu conosci quanto me, forse meglio di me, che sono cosa interamente tua; quando pure volessi non potrei dimenticarti, e tu sai se io lo voglia; eppure una terribile necessità mi stringe la gola sforzandomi a lasciarti. Io mi conserverò intero all’amor mio, perchè il mio amore è il mio cuore; ma sarei peggio, che tristo se pretendessi, od anco ti