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292 il secolo che muore


parola incauta avrebbe potuto tradirlo, egli si strinse a dire:

— Signore, liberatemi voi da questa forsennata.

Non pertanto grandissima era stata la impressione nell’uditorio per lo improvviso caso, e se da un canto l’aura di santo Ignazio Ioiolita riprendeva ad asolare, dall’altro la pietà tentava intenerire i cuori, e vi riusciva, se in mal punto il presidente non avesse con inconsulte parole redarguito Felicina:

— Accusata, credete voi con siffatti furori migliorare la vostra causa? L’audacia è l’ultimo rifugio dei colpevoli, ma non li salva mai.

— Dunque la è bella e giudicata? — saltò su impetuoso ad esclamare Fabrizio. — Dunque prima della sentenza è condannata? Ah! signor presidente, voi pretendete che la vittima si lasci svenare in silenzio? Voi negate ai morenti perfino il sospiro? Badate, dal lambire che le vittime facevano il sangue di sul coltello che le aveva sgozzate, gli antichi traevano funesti auspicii...

— Qui non ci sono sagrificatori, nè vittime, — interruppe il presidente stizzito — bensì giudici, dei quali è instituto condannare i rei, ed assolvere gli innocenti.

— Sempre? — E lanciata questa parola, che parve sasso frombolato dalla fionda, Fabrizio si lasciò andare giù rifinito sopra la sedia.