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capitolo viii. | 275 |
al fianco di piissima donna, ella non rabbrividisce
al pensiero d’inquinare l’ospizio e di tradire l’ospite,
rendendogli, ingrata! in compenso del pane che le
offre, un serpente: non la spaventa la considerazione
di immergere l’uomo di Dio in un mare di guai: concetto
che io per me giudico tanto più proditorio,
inquantochè il nostro sacerdote ebbe con lunga
battaglia ed indefesso studio a combattere propensioni
naturali non per certo felici, e le vinse; ed
ora che da lungo tempo era uscito vittorioso dall’acerba tenzone, e così superiori come inferiori, a
ragione reputandolo simile a Giacobbe, uomo provato
nelle prove del Signore, lo proseguivano di
altissima stima, per non dire venerazione, eccolo da
un punto all’altro messo a repentaglio di perdere
tutto: egli gustò l’aceto del carcere, egli il fiele
dell’accusa; egli sentì l’obbrobrio, la detrazione, e
le infamie di cui il secolo scapestrato è liberale
contro la religione, àncora della società, e contro
i suoi venerandi ministri....
Qui mormorio di approvazione per tutta la sala; ma l’usciere, assumsndo le parti di Eolo, sorse in piedi guardando con piglio minaccioso i susurroni; per la qual cosa i mormorii ebbero a rinsaccarsi senza poter prendere la forma di un secondo bravo.
— Carto — continuava il pubblico ministero — i sacerdote doveva fare del cuore rocca, e ricondurre