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270 | il secolo che muore |
nè che si fare del carico infelice, dopo avere vagato
un pezzo, capitò in un luogo remoto, quivi lo
depose e fuggi via. Non ci è dubbio, egli confessava
pianamente, tutto questo essergli successo per
castigo dei suoi peccati, ma potere levare le mani al
cielo e prendere Dio per testimone, ch’elle erano
pure di delitto. Troppo cara gli era costata una
imprudente carità, pure non se ne lamentava, e riverente
piegava il capo ai decreti della divina Provvidenza....
ed aggiunse certe altre erbuccie che si
tralasciano per brevità.
E pur con queste vele e con questi remi voga da secoli e accenna volere vogare un pezzo la galera della umanità.
Felicina interrogata non rispondeva: la sua mente vagava altrove; durava fissa nella immagine di un pargolo natante entro una pozzanghera di sangue: non cessava di udire il grido, che incominciò vagito e finì in singhiozzo di agonia. Sollecitata da Fabrizio, scossa dai giandarmi, finalmente si guardò d’intorno stralunando gli occhi; poi prese a strillare con lo odioso strido della civetta:
— Scellerata! Scellerata! Io sono la scellerata!
Cotesto ululo, a molti di coloro che lo udirono mise addosso spavento, a veruno pietà; nè ci fu verso di cavarle altro di bocca. Fabrizio sudava per la pena, e con la mano coperta dalla sotto vesta si lacerava il petto.