Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore I.djvu/285


capitolo viii. 263


•Qui il procuratore del re presentava la lista dei testimoni, che letta ad alta voce dal cancelliere, ed ammessa senza eccezione, fu proceduto allo interrogatorio dei testimoni e dei periti.

Naturalmente giurarono tutti di dire la verità null’altro che la verità, e di non avere altro scopo che quello di fare conoscere ai giudici la pura verità, stando in piedi, con la destra sopra il Santo Evangelo, previa seria ammonizione sull’importanza dell’atto e sopra le pene stabilite contro gli spergiuri negli articoli 065, 366, 367 e 369 del Codice penale.

I periti naturalmente ancora ratificarono in tutto e per tutto la perizia da loro depositata negli atti. Il presidente allora domandò prima agli accusati, poi ai difensori, se avessero cosa da osservare. Gli accusati tacquero; Fabrizio fece col capo atto di diniego, ma uno dei difensori del prete, quegli dai tre figliuoli donati allo Stato, levatosi in piedi, dopo avere salutato a destra ed a mancina, per davanti e per di dietro, e confettati i periti di valorosissimi e di dottissimi, li interrogò: «Dicano, nella loro scienza e coscienza, se per operare la strangolazione e la frattura del cranio del neonato, ci sia stato mestiere di forza superiore a quella di cui l’accusata poteva essere capace, in specie considerando lo stato di parossismo nervoso, nel quale si versava in cotesta occasione. In subalterna ipotesi, dicano se la