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262 | il secolo che muore |
palla volendo ricuperare, uno di essi s’introdusse
carpone sotto la chiavica, dove rinvenne lo involto
dei giornali, ed avendolo disfatto, con orrore mirarono
il corpo del delitto. I periti dell’arte, esamiminato
il morticino, concordi risposero essere nato
vivo e vitale, e senza paura d’ingannarsi aggiunsero
che lo giudicarono ucciso per istrangolazione,
e per rottura del cranio; ai quali due atti, massime
al secondo, vuoisi adoperare non piccola forza. Interrogata
la Felicina, rispondeva che, partorito il figliuolo,
ella, per lo grande spasimo, tracollò giù
dal letto sul pavimento, dove giacque in deliquio:
di nulla avere pertanto conservato la memoria, eccettochè,
rinvenuta in se, si vide innanzi don Liborio,
il quale piangeva per la disgrazia, che al
neonato nel cadere si era infranto il cranio. All’
opposto don Liborio afferma che sopraggiungendo
nella stanza dell’accusata, non solo rinvenne la
creatura col cranio fesso, ma altresì strangolata.
In conseguenza di che la Camera delle accuse, giudicando
provato lo infanticidio con premeditazione,
ne chiama colpevoli la Felicina, ecc., e don Liborio,
ecc.
Il presidente, ultimata la lettura del decreto della Camera di accusa, ribadiva il chiodo, spremendone il sugo, dichiarando ai due accusati:
— Ecco di che cosa v’incolpano; adesso sentirete le provo che si hanno contro di voi.