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6 | il secolo che muore |
Nel giro di milleottocentosettanta anni la repubblica romana si tramuta nello impero, e lo impero casca sotto le battiture degli oppressi, cui noi appellammo barbari pel rovello di non averli saputi vincere. In mozzo ai barbari sorse la potestà dei sacerdoti: amici prima per calpestare i popoli coi piedi uniti; nemici in breve per la contesa di chi dovesse rimanere a calpestarli solo; dura lotta questa, dove or l’ mio, ora l’altro parve toccare terra per non risorgere più; prevalse lo impero; ma sul punto ch’egli, stretto a mezza vita il sacerdote, lo teneva in alto per soffocarlo, ecco si ravvisa, e depostolo a terra gli dice: «Sacerdote, se servirai a me ti lascerò dominare e ti pascerò co’ rilievi della mia mensa.»
Quando Satana profferse a Cristo i regni della terra a patto che lo adorasse. Cristo n’ebbe pietà, e gli disse: «È scritto che tu non tenterai il tuo Signore.» Colui che temerario ardisce vantarsi sacerdote di Cristo piegò le ginocchia, stese la mane e visse.
Tutte le trasformazioni genera la necessità delle cose; ci si mescola talora la volontà, ma sempre in piccola dose; e poi anco il volere dominato dallo effetto piglia carattere di necessità. Ai Romani da prima, se vollero vivere, fu mestieri combattere; vinsero, e poichè la vittoria inebria peggio del vino, dalla difesa trapassarono alla offesa; in questa via