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256 | il secolo che muore |
chiama poppe di Venere le più. magnifiche fra le
pesche; e qui mi lermo. Chi procede poco ligio al Governo,,
e peggio poi chi gii si scuopre avverso, corre
mille traversie, non fosse altro quella di mettersi
tardi a tavola, e a lui non occorse mai trovare il
pranzo diaccio in questa vita, e così spera nell’altra.
Più grave peso, non so, se per parlare giusto, io mi
abbia a dire o la fortuna o la natura pose sopra
le spalle all’altro avvocato; egli ebbe tre figli e gli
attaccò tutti al corpo dello Stato; poco gli importò
del dove si sarebbero attaccati, purchè succhiassero;
pel primo gli era riuscito murarlo come capitello
nella fabbrica di un ministero: andare più
su non poteva, che glielo impedivano cornici, cornicione,
frontone et reliqua che gli stavano di
sopra; ma ciò non preme, anzi ci aveva piacere,
perchè maggior numero di circolari di quello che
già ci era in cotesto cranio non ci sarebbe capito,
e girando dell’altro si correva rischio di rompere
la corda all’orologio. Il secondo si riputava felice
nella bestialità prebendata di un benefizio nella
cattedrale di Milano. Soldato il terzo, e se invece
della spada, si fosse posto al fianco il breviario
del fratello, veruno si sarebbe accorto dello scambio: per conoscere le fosse dei campi lombardi,
egli non temeva concorrenza col più esperto ingegnere
ed agrimensore d’Italia.
Per istare a galla, questi due avvocati e depu-