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volentieri; da poi che mondo è mondo, questo è il’ suo mestiere, e lo sarà fino all’ultimo.

Dacchè la Felicità viene pian piano perchè ha i pedignoni, contentiamoci della Speranza; cari miei, imitiamo la virtù di colui, che non potendo comprarsi l’arrosto, si soddisfece coll’impregnare il pane del suo fumo. L’oste ladro pretendeva dal povero uomo anco il pagamento del fumo, e il giudice diede ragione, solo condannò il convenuto a pagarlo col suono della moneta. Storie vecchie.

Oltre i giudici giurati, eccolo lì, il pubblico ministero, l’avvocato fiscale, il procuratore del re, insomma colui che urla sempre: Crucifige. Come il franco tenitore nel torneamento, egli tiene in resta la lancia del sofisma per iscavalcare nemici, i quali vinti, egli manderà alla dama dei suoi pensieri, che è la forca. In verità egli è un tristo, ma tristo mestiere, peggiore di quello di cogliere finocchio marino e masticarlo, come dice Amleto, peggiore di quello del ladrone da strada, imperciocchè questi affatto ingeneroso non paia, potendo incontrare contrasto e rimanere ucciso: l’avvocato fiscale assassina in poltrona.

Di contro al difensore della legge siedono i difensori degli accusati: anche questi decorano con vanti pomposi un mestiere assurdo ed ignobile: assurdo però che per costoro sieno innocenti tutti, come se colpe e colpevoli non esistessero al mondo: